Uno dei temi caldi rispetto ai social media e al web 2.0 è quello della profittabilità e della misurazione del ROI.
Se lato consumer infatti il successo di tali strumenti continua a crescere è invece sempre molto difficile trovare dei modelli di business che consentano alle aziende di trarre benefici dal loro utilizzo.
Di sicuro la natura individuale e relazionale di questi mezzi pone delle barriere all’entrata per le aziende, soprattutto se esse usano un approccio pubblicitario pensando di fare della tradizionale comunicazione push sul mezzo.
Credo però che aldilà di tali indubbie difficoltà ci sia un problema di fondo nei KPI utilizzati per misurare la redditività degli investimenti.
La prospettiva corretta infatti è quella della costruzione di relazioni, di fiducia e di reciproco scambio di informazioni e collaborazioni.
Scrive Jeremy Rifkin: “Il reale valore nel terzo millennio delle aziende e dei manager che le dirigono, non sarà il fatturato che essi producono, bensì il numero e la qualità delle relazioni da essi instaurati con i propri target interlocutori e di riferimento interni ed esterni“
Come misurare tutto ciò?
Intanto è necessario predisporre strumenti che ci consentano di capire che cosa si dice di noi in rete, per essere consapevoli della nostra reale reputazione.
In seguito ad attività sui social media poi un parametro di valutazione potrebbe essere quello delle conversazioni che si generano nelle community di riferimento e alla quantità di nostri contenuti oggetto di sharing (accompagnati da commenti positivi) da parte degli utenti.
Ancora, in caso di iniziative in cui si chiede agli utenti un parere o una forma di collaborazione, è corretto monitorare non solo la quantità di feedback ma anche la qualità e soprattutto la ricorrenza nel tempo di forme di interazione con le medesime persone.
Si tratta solo di considerazioni a livello molto generale che però portano all’individuazione di un criterio di base: il vero ROI dei social media consiste nella qualità e nel numero di persone con cui l’azienda riesce a stabilire qualche forma di dialogo e di collaborazione continuativa nel tempo.
Diffidate quindi del solo volume immediato di traffico che vi viene portato e cercate invece di capirne la qualità: anche uno scandalo o una protesta contro un vostro intervento in un social media infatti faranno salire le visite al vostro sito ma non credo che lo possiate considerare un successo…
marzo 11, 2009 at 11:30 am
Io ho una convinzione: se è assodato che i social network stiano crescendo a dismisura come numero di iscritti e che invece non riescano ad avere profitti adeguati significa che esistono giusti modelli di business ma che non sono stati trovati.
il frequentatore di un social network è stato abituato molto bene, ha accesso ad una serie di servizi che lui esige come gratuiti (e che sempre come tali sono stati forniti), possiamo dire che la rete in generale abbia dato sempre l’idea di essere un “dono”.
ora, dato che nulla può essere regalato e non è facile farlo capire ai clienti come aumentare gli introiti senza deluderli?
bisogna trovare il modo di offrire nuovi orizzonti di advertising online senza però andare a minare le convinzioni dei frequentatori, ovvero la gratuità del servizio e soprattutto senza invadere gli spazi che loro ritengono essere personali (i loro profili sui social network).
una strada potrebbe essere quella di coinvolgere gli inserzionisti in dinamiche interne al sito.
es: facebook decide di rendere alcune funzioni non a pagamento, ma ausiliarie.
un utente interessato ad avere più di 300 amici, a caricare più di totMB di foto, più di un tot di link deve fare qualcosa. facebook potrebbe far creare ad ogni inserzionista un gruppo, gruppo che a tutti gli iscritti concede determinate funzionalità ausiliarie. io inserzionista faccio un accordo su facebook, creo un mio gruppo (dove inserisco foto, articoli, video, catalogo prodotti, pubblicità ma in maniera intelligente e non unidirezionale), pago il social network a seconda dei vantaggi che voglio concedere ai miei iscritti.
ora uno che è iscritto al mio gruppo può avere più di 300 amici.
in questo modo l’utente non è sottoposto ad un bombardamento pubblicitario, ma sceglie attivamente a quale gruppo iscriversi e nel gruppo può partecipare.
si ottiene anche un auto-targettizzazione, dato che l’utente che si iscrive al gruppo di un marchio lo fa anche perchè ai prodotti di tale marchio può essere interessato: una ragazza di 22anni che lavora come parrucchiera e non ha mai giocato ad un videogame è difficile che si iscriva ad gruppo della “ubisoft”.
essendo iscritto ad un gruppo l’utente riceverà ogni tipo di aggiornamento di quel gruppo (che potranno essere pubblicità ma non saranno percepiti come tali in quanto derivati da una scelta attiva).
ovviamente bisognerebbe mettere un limite massimo di questo tipo di gruppi che si può seguire, per evitare che si crei una gran confusione e soprattutto per garantire visibilità al singolo gruppo.
un limite a tale sistema potrebbe essere il fatto che si vanno a rafforzare tendenze di consumo già esistenti nell’individuo, dato che ognuno andrà a scegliersi gruppi congeniali, ma questò è un problema superabile ed in ogni modo opinabile.
voi cosa ne pensate?
aprile 9, 2009 at 7:15 am
Invito al workshop
“Multicanalità e Assistente Virtuale”
Martedì 5 maggio ore 9,30
Manfredo Camperio Club in Via Giulini, 6 – Milano
In questo workshop si analizzerà come proporre il corretto canale per ciascun cliente attraverso l’innovazione degli Assistenti Virtuali nelle diverse situazioni in cui essi possono essere impiegati: customer service, marketing, e-commerce, comunicazione, help desk e social networking.
Si tratta di condurre con gradualità il cliente-cittadino verso quei servizi che possono essere svolti in self-service, riducendo i tempi di gestione, controllando i livelli di servizi e garantendo una maggiore soddisfazione. Ovvero, aumentando le possibilità di successo per le varie fasi del ciclo di marketing e relazione percorse con autonomia da parte del cliente-cittadino.
Saranno presentate e confrontate esperienze italiane ed internazionali e metodologie da impiegare.
http://www.club-cmmc.it/attivita/workshop_1_09.htm